Non configura abuso del diritto, né interposizione fittizia di persona, la donazione di un terreno ai figli, poi da questi immediatamente rivenduto.
Operazione insindacabile dall’Agenzia delle Entrate.
(Cass., sez. Trib., sent. 28.06.2018, n. 17128, rel. Greco).
Avv. Edgardo Marco Bartolazzi Menchetti
Nel caso in cui un padre doni ai figli un proprio terreno, e questi lo rivendano immediatamente ad un acquirente, incamerandone il prezzo, l’Agenzia delle Entrate non può contestare l’operazione, né sotto il profilo del divieto generale di abuso del diritto, ora previsto dall’art. 10-bis, L. n. 212/2000, né sotto quello della interposizione fittizia di persona, di cui all’art. 37, comma 3, D.P.R. n. 600/1973.
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 17128, depositata lo scorso 28 giugno, ha chiarito che la scelta del contribuente non può essere sindacata dall’Amministrazione finanziaria, neppure nel caso in cui, come nella controversia decisa, le trattative per la vendita del cespite con il successivo acquirente fossero state integralmente seguite dal donante, e il procedimento seguito, facendo sì che la vendita fosse posta in essere dai figli donatari, avesse determinato un considerevole risparmio di imposta.
Prevale infatti il riconoscimento, in fatto, della effettiva sussistenza, in capo al padre-donante, dell’animus domandi, ossia di una concreta ed effettiva volontà di beneficiare e arricchire i propri figli, della quale la conduzione personale delle trattative per la vendita, da parte del genitore, costituisce anzi ulteriore preciso indice.
Il negozio posto in essere risulta pertanto tipizzato nella legge civile, dotato di una propria specifica causa e di sostanza economica e pertanto meritevole di tutela, riconducibile ad un’area di libera scelta del contribuente e in conclusione incontestabile dall’Agenzia delle Entrate.